An example of a Research - Scheda di catalogo di un'opera d'arte

Laila Din

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Scuola di Scienze Umane, Sociali e del Patrimonio Culturale
Dipartimento dei Beni Culturali: archeologia, storia dell’arte, del cinema e della musica (DBC) 
Corso di Laurea in Storia e Tutela dei Beni Artistici e Musicali
Scheda di catalogo
Fontana lavamani con affresco: San Mauro salva san Placido caduto nel lago [fig. 1]
Due affreschi laterali con veduta: Basilica di Santa Giustina [fig. 2]; Abbazia di Praglia [fig. 3]
(ultimo quarto del XVI o primi anni del XVII secolo)
di Lodewijk Töeput detto Ludovico Pozzoserrato
(Malines o Anversa, 1550 circa – Treviso, 1604 circa)
-      Materia e tecnica: affresco su intonaco; cornice in pietra grigia; lavabo in marmo;
affreschi su intonaco
-      Dimensioni: h 260 x l 151 cm con cornice; h 238 x l 150 cm il solo dipinto
h 140 x l 125 cm con cornici; h 104 x l 94 cm i soli dipinti
-      Provenienza e collocazione: Padova, Basilica di Santa Giustina, Antisacrestia, parete orientale, n. inv. 05/00238378, 05/00238376 e 05/00238377
-     Stato di conservazione: buono
-     Restauri: non presenti
Breve nota biografica
Nato probabilmente a Malines o Anversa, Ludovico Pozzoserrato (italianizzazione di Lodewijk Töeput) è stato un pittore e incisore fiammingo naturalizzato italiano, attivo in Veneto. Vicino a Tintoretto e poi a Veronese, eseguì pale e ritratti ma fu specialista in paesaggi. Venne in Italia nel 1573 e viaggiò tra Firenze e Roma nel 1581. Dopo un breve soggiorno veneziano si stabilì a Treviso, dove è documentato dal febbraio 1582 (da questo periodo prende anche il nome di Ludovico o Lodovico Pozzo da Treviso). Ancora vivo il 14 agosto 1603, morì attorno al 1604 poiché le fonti lo riportano defunto a novembre del 1605.
Descrizione generale delle opere
La parete est dell’atrio della sacrestia è decorata da tre affreschi di L. Pozzoserrato: al centro, il dipinto di maggiori dimensioni (San Mauro salva san Placido caduto nel lago) ha la forma di una pala d’altare centinata ed è inquadrato da una cornice lapidea a semi-pilastri e arco a tutto sesto, a sua volta inserita in una struttura a edicola con maggiore aggetto e paraste d’ordine corinzio. Sotto, l’affresco termina in corrispondenza di un lavabo marmoreo costituito da due bacini a balcone (e quindi due registri) sorretti ciascuno da due mensole ricurve, quelle del registro inferiore di maggiori dimensioni rispetto a quelle del registro superiore. Quest’ultimo presenta tre bocchettoni per l’acqua, mentre il registro inferiore ospita un altro affresco purtroppo in pessimo stato di conservazione tra le due mensole ricurve più piccole. Lateralmente in alto, a sinistra e a destra dell’affresco principale, vi sono due più piccole vedute di paesaggi reali inquadrate da cornici con erme e riccioli: sono i grandi complessi benedettini della Basilica di Santa Giustina in Prato della Valle e dell’Abbazia di Praglia (o Monastero di Santa Maria di Praglia).
Descrizione iconografica della fontana centrale con affresco
L’affresco centrale rappresenta il salvataggio di san Placido da parte di san Mauro. I due sono monaci benedettini e discepoli prediletti di san Benedetto, amici fin dall’infanzia. La storia, narrata da san Gregorio Magno nei Dialoghi, Libro II, cap. 7, racconta che Placido venne lasciato a sette anni dal padre Tertullo all’abate del monastero di Montecassino come “offerto”; infatti, la Regola di San Benedetto prevedeva che l’educazione dei bambini avvenisse in monastero non in qualità di allievi ma di oblati, destinati a divenire in età adulta dei professi. Anche Mauro venne affidato dodicenne a Benedetto da Norcia dal padre, il patrizio romano Eutichio. Un giorno, mentre Benedetto sedeva nella sua stanza, il giovane Placido uscì ad attingere l’acqua nel lago. Immergendo il secchiello, venne trascinato dalla corrente e cadde nell’acqua. Un’onda lo travolse trasportandolo lontano da terra, allora san Benedetto, sapendo ciò che stava succedendo benché chiuso nella cella, chiamò Mauro e gli chiese di andare a salvare Placido perché stava annegando. Nella scena [fig. 4] si possono vedere i due santi, Placido ancora col secchio in mano dentro l’acqua trasparente, Mauro in piedi mentre lo trascina via salvandolo. Dietro, il paesaggio continua, essendo L. Pozzoserrato particolarmente abile nelle vedute panoramiche con prospettiva “a volo d’uccello”: il fiume corre sino a una chiesa con annesso un monastero, i quali si trovano ai piedi di una collina, a sua volta sotto montagne rocciose. Il panorama si perde in lontananza, ma si vedono bene i dettagli senza che si perda lucidità di visione, come una casa sulla destra, un borgo, un pontile, due monaci sulla sinistra che camminano verso il campanile (in I Benedettini a Padova 1980 si azzarda l’ipotesi che, annullandosi le leggi del tempo e dello spazio, siano essi stessi i santi Mauro e Placido ritrovatisi dopo l’evento miracoloso alle porte del convento). L’architettura, come la Basilica e l’Abbazia dei riquadri laterali, dovrebbe essere reale, sebbene non si sappia con certezza a che complesso appartenga. San Mauro fondò in Francia monasteri maurini benedettini, perciò è verosimile che chiesa e monastero assomiglino o facciano parte di complessi benedettini della Loira, come afferma anche Pattanaro, proponendo un confronto con l’Abbazia di Saint-Maur de Glanfeuil, l’Abbazia di San Benedetto sulla Loira o Saint Laurent-des-Pres a Tullins [fig. 5], sebbene in Magnificenza monastica 2020 si faccia riferimento piuttosto a un’architettura romanica con sviluppo orizzontale, tetto a carena e lesene; non tornerebbe però l’inserzione del campanile al centro del frontone. Nello stesso catalogo si assume il recupero di un monumento antico nell’affresco: la formazione rocciosa in fondo a destra [fig. 6] sarebbe una torre cilindrica conosciuta come Tomba o Mausoleo di Cecilia Metella [fig. 7], sulla via Appia a Roma, simbolo delle vestigia romane molto amate dai pittori fiamminghi. Il tema del dipinto si collega alla funzione del supporto: l’acqua del fiume appare come la fonte da cui proviene l’acqua del lavamani, con cui i monaci dovevano pulirsi ritualmente prima della vestizione in sagrestia (nelle Instructionum fabricae et suppellectilis ecclesiasticae di Carlo Borromeo del 1577, come riportato in Pattanaro 2022, si prescrive che in sacrestia vi sia sempre un lavabo con uno scarico che porti l’acqua all’esterno, corredato da un asciugamano bianchissimo). La struttura della fontana [fig. 8] è altrettanto particolare: l’acqua esce dalle bocche di tre mascheroni [fig. 9] rappresentanti Mosè1 e/o Giove Ammone2, simboli di fertilità; la fertilità si collega alla nascita, che a sua volta è legata all’acqua, elemento fondamentale per la vita. Si precisa che la critica precedente cita piuttosto delle “protomi a forma di satiro finemente lavorate e caratterizzate da espressioni leggermente diverse” quando tratta dei tre mascheroni (Magnificenza monastica 2020).
Descrizione iconografica della Basilica di Santa Giustina a sinistra
La veduta della basilica, esatta e riconoscibile nelle linee attuali, è modellata sul progetto di Andrea da Valle e include tre cupole sovrastanti la navata centrale, mai realizzate. Probabilmente, dunque, l’artista mescola insieme il riporto esatto di quanto era già stato eseguito col modello di costruzione fornito da Andrea da Valle che prevedeva undici cupole anziché otto. La basilica sorge tra gli orti e il monastero, affacciandosi con una ridotta scalinata sul terreno antistante raggiungibile in carrozza (è infatti presente una carrozza in corsa), mentre Prato della Valle, ancora privo della forma che gli verrà data alla fine del XVIII secolo, è percorso da un canale scaricatore.
Descrizione iconografica dell’Abbazia di Praglia a destra
L’abbazia si trova alle pendici del monte Are e la veduta comprende monastero e terreni coltivati circostanti. Le due vedute sono simmetriche e racchiuse da raffinate cornici illusionistiche giallo-dorate a erme e volute, segno della conoscenza da parte dell’artista oltremontano della corrente del Manierismo internazionale (Magnificenza monastica 2020). Le due vedute laterali dei monasteri trovano la loro giustificazione simbolica in una sorta di glorificazione dei due discepoli di san Benedetto in qualità di continuità storica dell’ordine, che proprio da san Mauro e san Placido giunge ora a questi due grandi insediamenti.
Vicenda storico-critica delle opere
L’attribuzione degli affreschi a L. Pozzoserrato è frutto di un’acquisizione critica risalente al Peltzer 1924:

“Opera del Pozzoserrato, alla cui maniera appartiene”.

In seguito, riprenderà la teoria Michelangelo Muraro nel suo volume dedicato agli affreschi del Veneto (1960). L’idea è condivisa subito da L. Menegazzi e rimane concorde tutta la critica successiva. Le divergenze tra le opinioni degli studiosi riguardano piuttosto la datazione delle opere, da subito collegate alla decorazione dei riquadri paesaggistici della stanza dell’abate di Praglia sempre di L. Pozzoserrato. Non sono presenti documenti legati alla commissione, quindi i riferimenti temporali sono collegati ai soli dati biografici conosciuti: in I Benedettini a Padova 1980 si datano per la prima volta gli affreschi a dopo il 1575, con la giustificazione che nei due spuntoni di roccia sul fondo sembra di avvertire il ricordo dei paesaggi di Vasari, Poppi o Maso da San Friano nello studiolo di Francesco I [fig. 10], che l’autore avrebbe conosciuto solo nel 1581, quando è documentato a Roma. In Magnificenza monastica 2020 si data alla prima parte degli anni ottanta del XVI sec. In Guzzon 2021 addirittura all’arco temporale 1600-1603. Si considera quindi più corretta una datazione ampia per non incorrere in errori: le tre opere sono state affrescate tra ultimo quarto del XVI e primissimi anni del XVII secolo.
Note
1 Dalla Vulgata di San Girolamo, come riportato anche in Pattanaro 2022:

“Quando il patriarca discese dal Sinai con le tavole della legge ignorava che la sua faccia fosse cornuta”,

in realtà errore d’interpretazione: le parole Karan (raggi) e Keren (corna) nella Bibbia in lingua ebraica sono costituite dalle sole consonanti KRN. San Girolamo, pensando che solo Cristo potesse splendere di luce, sbagliò a tradurre il termine descrivendo Mosè con due corna sulla testa e influenzando così le opere successive.
2 In latino Iuppiter Hammon, è una figura mitica nata dall’incontro tra Zeus o Giove e Amnon (Greci) o Ammone (Egizi), dio egizio della fertilità, da cui derivano le corna di ariete che gli sono poste sulla testa (infatti in molti popoli antichi l’ariete era considerato simbolo di fertilità).
Bibliografia specifica
Peltzer 1924
Muraro 1960, p. 126
Menegazzi 1961, pp. 120-121
M. Lucco e A.M. Spiazzi, in I Benedettini a Padova 1980, catt. 187-189 pp. 318-319;
M. Pietrogiovanna, in Magnificenza monastica a gloria di Dio 2020, cat. Arte 22 pp. 491-495
Guzzon 2021, pp. 224-225
Pattanaro 2022, pp. 139-152
Fig. 1. L. Pozzoserrato, affresco con San Mauro salva san Placido e cornice
Fig. 1. L. Pozzoserrato, affresco con San Mauro salva san Placido e cornice
Fig. 2. L. Pozzoserrato, affresco con Basilica di Santa Giustina e cornice
Fig. 2. L. Pozzoserrato, affresco con Basilica di Santa Giustina e cornice
Fig. 3. L. Pozzoserrato, affresco con Abbazia di Praglia e cornice
Fig. 3. L. Pozzoserrato, affresco con Abbazia di Praglia e cornice
Fig. 4. L. Pozzoserrato, San Mauro salva san Placido
Fig. 4. L. Pozzoserrato, San Mauro salva san Placido
Fig. 5. Saint Laurent-des-Pres a Tullins
Fig. 5. Saint Laurent-des-Pres a Tullins
Fig. 6. L. Pozzoserrato, particolare del paesaggio in San Mauro salva san Placido
Fig. 6. L. Pozzoserrato, particolare del paesaggio in San Mauro salva san Placido
Fig. 7. Mausoleo di Cecilia Metella, Roma
Fig. 7. Mausoleo di Cecilia Metella, Roma
Fig. 8. Lapicida veneto, fontana lavamani, Antisacrestia
Fig. 8. Lapicida veneto, fontana lavamani, Antisacrestia
Fig. 9. Lapicida veneto, particolare di Mosé e/o Giove Ammone in fontana lavamani
Fig. 9. Lapicida veneto, particolare di Mosé e/o Giove Ammone in fontana lavamani
Fig. 10. Maso da San Friano, Miniera di diamanti, Studiolo di Francesco I
Fig. 10. Maso da San Friano, Miniera di diamanti, Studiolo di Francesco I
Bibliografia generale
Peltzer 1924 (chiave)
A. Peltzer, Annuario delle belle arti di Monaco di Baviera, Monaco 1924
Muraro 1960 (chiave)
Michelangelo Muraro, Pitture murali nel Veneto e tecnica dell’affresco, Venezia, 1960.
Menegazzi 1961 (chiave)
Luigi Menegazzi, Giunte a Ludovico Pozzoserrato, Venezia, 1961.
I Benedettini a Padova 1980 (chiave)
I Benedettini a Padova e nel territorio padovano attraverso i secoli. Saggi storici sul movimento benedettino a Padova, catalogo della mostra storico-artistica nel XV centenario dalla nascita di san Benedetto a cura di A. de Nicolò Salmazo e F.G. Trolese, Padova 1980.
Magnificenza monastica 2020 (chiave)
Magnificenza monastica a gloria di Dio. L’abbazia di Santa Giustina nel suo secolare cammino storico e artistico a cura di G. Baldassin Molli e F.G.B. Trolese, Roma, Viella, 2020.
Guzzon 2021 (chiave)
Antonella e Maria Silvia Guzzon, Santa Giustina. Guida alla Basilica. A guide to the Basilica, Padova, 2021.
Pattanaro 2022 (chiave)
Alessandra Pattanaro, Benedetto e il tema dell’acqua: iconografia, forme e funzioni in età moderna, in “Acqua e terra nei paesaggi monastici. Gestione, cura e costruzione del suolo”.
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