Voci diverse e complementari

Silvia Di Noia

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Di seguito presenterò un estratto della mia tesi di laurea triennale in Filosofia, pubblicato su Academia.edu nel 2018. La tesi trattava la Filosofia della cura di Carol Gilligan.
Capitolo I: Carol Gilligan, In a Different Voice
«Negli ultimi 10 anni ho sentito le persone parlare della moralità e di sé stessi. Ad un certo punto cominciai a percepire una distinzione tra queste voci, due modi diversi di discutere dei problemi morali, due modalità diverse con cui descrivere la relazione tra l’Io e gli Altri»1. Con questa frase inizia il libro di Carol Gilligan In a different voice (in italiano Con voce di donna), pubblicato nel 1982. Ciò che spinse l’autrice a stilare questo testo fu proprio il sentire queste voci diverse tra loro: durante i suoi studi psicologici, infatti, notò come vi fosse una forte lacuna in campo accademico, ossia la totale mancanza della voce femminile in campo morale e psicologico; questa lacuna si fece ancora più evidente dopo il 1973, quando a seguito della causa Roe contro Wade la Corte Suprema americana rese legale l’aborto. Questo evento portò ad un brusco cambiamento nella vita delle donne, non solo a livello puramente pratico ma anche a livello psicologico e morale: per la prima erano in grado di decidere del proprio corpo senza dover passare attraverso l’approvazione maschile. Da questo evento parte la riflessione della psicologa americana con l’intento di dare un quadro più completo della psicologia umana.
Per portare avanti il suo progetto, Carol Gilligan parte da un’analisi della letteratura accademica, focalizzandosi sugli studi di Lawrence Kohlberg, iniziati nel 1956 e poi confluiti nel celebre testo pubblicato nel 1981, The psychology of moral development. La psicologa statunitense mette in discussione l’interpretazione dei risultati di questo studio: infatti dai test appare una forte disparità di punteggio tra gli uomini e le donne, queste ultime paiono bloccate al quarto stadio, mentre gli uomini raggiungono senza troppi intoppi il sesto stadio. Dove secondo Kohlberg questo è dovuto ad un’oggettiva mancanza di capacità di astrazione morale, secondo Gilligan la questione è più complessa: non si stratta infatti di un diverso modo di affrontare le questioni morali.
Nell’interpretazione di Kohlberg, pertanto, c’è il cosiddetto masculine bias, cioè una tendenza a considerare il modello maschile come il punto di riferimento, un paradigma cui tutto deve conformarsi. Questo bias esiste, secondo la psicologa americana, fin dalle origini della psicoanalisi stessa: Sigmund Freud nella stessa teoria del Complesso d’Edipo, trova non poche difficoltà nel comprendere le donne e la loro psicologia evolutiva
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